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Biennale di Venezia 2017| Il Padiglione Nuova Zelanda di Lisa Reihana e lo splendido video che misura 33 metri x 10 anni di lavoro

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in Pursuit of Venus [infected], 2015–17, Lisa Reihana: Emissaries, Biennale Arte 2017. Photo: Michael Hall. Image courtesy of New Zealand at Venice.

in Pursuit of Venus [infected], 2015–17, Lisa Reihana: Emissaries, Biennale Arte 2017. Photo: Michael Hall. Image courtesy of New Zealand at Venice.

La personale di Lisa Reihana che rappresenta la Nuova Zelanda alla Biennale di Venezia 2017 si intitola “Emissaries“ (Emissari) ed è composta da oggetti e fotografie ma soprattutto da un video bello da mozzare il fiato.

“In pursuit of Venus [infected]” sembra un antico dipinto ambientato ai tropici invece è una video-installazione monumentale. I personaggi non sono figure create a tavolino ma performers che si muovono sullo sfondo lussureggiante.

Questo tramutarsi della realtà in pittura è frutto di un mix di tecnologie cinematografiche e di animazione. Proiettate su una superficie di 23 metri e mezzo di lunghezza (per 3.3 d’altezza).
D’altra parte, l’opera ha richiesto quasi 10 anni di lavoro. 

Lisa Reihana ha creato “In pursuit of Venus [infected]” ispirandosi al ciclo francese di pannelli dipinti su carta Les Sauvages de la Mer Pacifique (1804–05), anche conosciuto come “I viaggi del Capitano Cook” (prodotto da Joseph Dufour & Cie e illustrato da Jean-Gabriel Charvet).

Quest’ultimo, fa riferimento alle leggendarie spedizioni di Jean-François de La Pérouse, Louis Antoine de Bougainville e del capitano James Cook. Ma naturalmente la grande scenografia neoclassica viene re-inventata dall’artista neozelandese. La cultura dei nativi emerge prepotente, l’ottica dei colonizzatori azzerata, il confronto tra le due etnie si fa infezione che corrode la patina irreale della rappresentazione originale. Tutto però è storicamente corretto, sia che si tratti di una scena effettivamente svoltasi, sia che l’artista l’abbia inventata. 

Reihana colloca la morte di Cook alle Hawaii come il momento drammatico di rottura- spiega il materiale informativo del Padiglione Nuova Zelanda- Questa e altre storie sono messe in scena all’interno di un mondo di immagini e di suoni senza fine dove il tempo è ciclico.
 Un accompagnamento sonoro che combina scene riprese dal vivo, il ticchettio di un orologio originale utilizzato nei viaggi di Cook, e rare registrazioni di taonga pūoro (strumenti musicali Māori) che Cook raccolse esalta lo sviluppo emotivo dell’opera
“.

Il titolo del video vuole evocare il termine “punto di vista” (in inglese point of view) e, al contempo alludere attraverso la parola “Venere” alla missione scientifica internazionale per misurare i cieli documentando il transito di Venere nel 1769 (al fine di determinare la distanza tra la Terra e il Sole). 

A livello tecnico ci sono 1500 strati individuali digitali per un totale di 33 milioni di pixel in ogni singola inquadratura  di “In pursuit of Venus [infected]”. L’opera è proiettata con molteplici proiettori laser DLP  e ha una risoluzione di 15K.

Oltre a questo video l’artista presenta due grandi fotografie e oggetti antichi e non.

Sarà possibile visitare il Padiglione Nuova Zelanda di Lisa Reihana, alle Tese dell’Isolotto in Arsenale, per tutta la durata della Biennale di Venezia 2017. “In pursuit of Venus [infected]”, invece, lo si potrà vedere anche nell’autunno del 2018 alla “Royal accademy of arts al centro di una grande mostra sull’arte dell’Oceania organizzata per celebrare 250esimo compleanno dell’istituzione londinese.

NOTA: Le immagini a seguire di "Porsuit of Venus [infected]" sono tutti particolari. Il video di sotto è la versione breve realizzata in precedenza

Lisa Reihana, detail in Pursuit of Venus [infected], 2015–17, Ultra HD video, colour, sound, 64 min. Image courtesy of the artist and New Zealand at Venice.

Lisa Reihana, detail in Pursuit of Venus [infected], 2015–17, Ultra HD video, colour, sound, 64 min. Image courtesy of the artist and New Zealand at Venice.

Dufour et Cie, printer & publisher, Jean-Gabriel Charvet, designer The Voyages of Captain Cook (Les Sauvages de la mer Pacifique) 1805, woodblock, printed in colour from multiple blocks hand-painted gouache through stencils, printed image (overall) 170 x 1060 cm, National Gallery of Australia, Canberra, purchased from admission charges 1982–83.

Dufour et Cie, printer & publisher, Jean-Gabriel Charvet, designer The Voyages of Captain Cook (Les Sauvages de la mer Pacifique) 1805, woodblock, printed in colour from multiple blocks hand-painted gouache through stencils, printed image (overall) 170 x 1060 cm, National Gallery of Australia, Canberra, purchased from admission charges 1982–83.

Lisa Reihana, detail in Pursuit of Venus [infected], 2015–17, Ultra HD video, colour, sound, 64 min. Image courtesy of the artist and New Zealand at Venice.

Lisa Reihana, detail in Pursuit of Venus [infected], 2015–17, Ultra HD video, colour, sound, 64 min. Image courtesy of the artist and New Zealand at Venice.

Lisa Reihana, detail in Pursuit of Venus [infected], 2015–17, Ultra HD video, colour, sound, 64 min. Image courtesy of the artist and New Zealand at Venice.

Lisa Reihana, detail in Pursuit of Venus [infected], 2015–17, Ultra HD video, colour, sound, 64 min. Image courtesy of the artist and New Zealand at Venice.

Captain James Cook. Lisa Reihana, detail in Pursuit of Venus [infected], 2015–17, Ultra HD video, colour, sound, 64 min. Image courtesy of the artist and New Zealand at Venice.

Captain James Cook. Lisa Reihana, detail in Pursuit of Venus [infected], 2015–17, Ultra HD video, colour, sound, 64 min. Image courtesy of the artist and New Zealand at Venice.

Lisa Reihana, detail in Pursuit of Venus [infected], 2015–17, Ultra HD video, colour, sound, 64 min. Image courtesy of the artist and New Zealand at Venice.

Lisa Reihana, detail in Pursuit of Venus [infected], 2015–17, Ultra HD video, colour, sound, 64 min. Image courtesy of the artist and New Zealand at Venice.

Lisa Reihana, detail in Pursuit of Venus [infected], 2015–17, Ultra HD video, colour, sound, 64 min. Image courtesy of the artist and New Zealand at Venice.

Lisa Reihana, detail in Pursuit of Venus [infected], 2015–17, Ultra HD video, colour, sound, 64 min. Image courtesy of the artist and New Zealand at Venice.

Lisa Reihana, detail in Pursuit of Venus [infected], 2015–17, Ultra HD video, colour, sound, 64 min. Image courtesy of the artist and New Zealand at Venice.

Lisa Reihana, detail in Pursuit of Venus [infected], 2015–17, Ultra HD video, colour, sound, 64 min. Image courtesy of the artist and New Zealand at Venice.

Lisa Reihana, detail in Pursuit of Venus [infected], 2015–17, Ultra HD video, colour, sound, 64 min. Image courtesy of the artist and New Zealand at Venice.

Lisa Reihana, detail in Pursuit of Venus [infected], 2015–17, Ultra HD video, colour, sound, 64 min. Image courtesy of the artist and New Zealand at Venice.

in Pursuit of Venus [infected], 2015–17, Lisa Reihana: Emissaries, Biennale Arte 2017. Photo: Michael Hall. Image courtesy of New Zealand at Venice.

in Pursuit of Venus [infected], 2015–17, Lisa Reihana: Emissaries, Biennale Arte 2017. Photo: Michael Hall. Image courtesy of New Zealand at Venice.

Lisa Reihana: Emissaries, Biennale Arte 2017. Photo: Michael Hall. Image courtesy of New Zealand at Venice.

Lisa Reihana: Emissaries, Biennale Arte 2017. Photo: Michael Hall. Image courtesy of New Zealand at Venice.

Lisa Reihana: Emissaries, Biennale Arte 2017. Photo: Michael Hall. Image courtesy of New Zealand at Venice.

Lisa Reihana: Emissaries, Biennale Arte 2017. Photo: Michael Hall. Image courtesy of New Zealand at Venice.

Lisa Reihana. Biennale Arte 2017. Photo: Michael Hall. Image courtesy of New Zealand at Venice

Lisa Reihana. Biennale Arte 2017. Photo: Michael Hall. Image courtesy of New Zealand at Venice


Shimabuku affila un Macbook Air e lo usa per affettare mele alla Biennale di Venezia 2017

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In ‘Sharpening a Macbook Air’ l’artista giapponese Shimabuku affila un computer portatile per poterlo usare come un coltello da cucina. Ovviamente, una volta ultimata la trasformazione, se ne serve per tagliare a metà una mela. La video installazione, presentata alla Biennale di Venezia 2017 nell’ambito della mostra VIVA ARTE VIVA curata da Christine Macel, è un opera minimale ed ironica in linea con lo spirito acuto e divertito dell’artista.

Shimabuku, 'Sharpering a Macbook Air", il comuputer affilato esposto in biennale photo: artbooms

Shimabuku, 'Sharpering a Macbook Air", il comuputer affilato esposto in biennale photo: artbooms

La sua installazione di video e di vetrine con oggetti costituisce delle narrazioni che investono la vita quotidiana, la natura e il mondo animale, che gli è particolarmente caro- scrive Christine Macel nell’introduzione al catalogo di VIVA ARTE VIVA- In un’estetica minimalista e frugale, egli introduce una fiction a volte surrealista, con delle scene improbabili (…). Shimabuku inietta fantasia nelle sue opere spesso giocose, le cui riflessioni, in particolare sui legami tra l’uomo e la tecnologia, rivelano uno sguardo malizioso e senza illusioni".

Shimabuku, 'Sharpering a Macbook Air", frames da video

Shimabuku, 'Sharpering a Macbook Air", frames da video

Shimabuku, insomma, porta l’assurdo nel quotidiano e viceversa. In ‘Sharpening a Macbook Air’, ad esempio, affilando a mano, su una pietra, il margine inferiore del portatile fino a farne una lama, l’artista, riporta in modo ludico la tecnologia alla concretezza. Non senza smontare il marketing aziendale che ha fatto del Mac un oggetto di desiderio.

‘Sharpening a Macbook Air’ (video e computer ridotto a coltello) di Shimabuku si trova nel Padiglione della Terra della Biennale di Venezia 2017 (Christine Macel ha deciso di dividere VIVA ARTE VIVA in nove famiglie di artisti o capitoli) in Arsenale.

Shimabuku, 'Sharpering a Macbook Air", il comuputer affilato esposto in biennale (particolare)

Shimabuku, 'Sharpering a Macbook Air", il comuputer affilato esposto in biennale (particolare)

Shimabuku, 'Sharpering a Macbook Air", la video installazione alla biennale di Venezia 2017, photo: artbooms

Shimabuku, 'Sharpering a Macbook Air", la video installazione alla biennale di Venezia 2017, photo: artbooms

Shimabuku, 'Sharpering a Macbook Air", il comuputer affilato esposto in biennale (pòarticolare)

Shimabuku, 'Sharpering a Macbook Air", il comuputer affilato esposto in biennale (pòarticolare)

“Spring” l’elegante time-lapse di Jamie Scott in cui i fiori non smettono mai di sbocciare

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Dopo aver avuto un grande successo con il breve video Fall (2012) il giovane film maker statunitense Jamie Scott è tornato con un nuovo lavoro in time-lapse. Questa volta si intitola “Spring” e ha richiesto 3 anni di lavoro.

Nell’elegante filmato, Jamie Scott, ha ripreso una carrellata di fiori diversi nel momento in cui si stavano per schiudere. Senza un inizio e una fine, “Spring” è un aggraziato e piacevole succedersi di petali colorati e corolle. Girato quasi interamente in un minuscolo set allestito nel guardaroba della casa newyorkese di Scott, il time-lapse ha dovuto tener conto della stagionalità, spesso rigida, delle fioriture.

Una parte del video, invece, è stata ripresa nelle aiuole di Central Park.

Il visual e le musiche di “Spring” sono stati creati in tandem con il compositore Jim Perkins. (via Colossal)

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Le nuove opere di Rowan Mersh come trini fatti con migliaia di minuscole conchiglie

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Il lavoro dell’ inglese Rowan Mersh (di cui ho già parlato qui) si situa in quel territorio di confine tra arte, design e fashion.

Mersh, infatti, con innegabile pazienza e capacità artigianale realizza opere di grandi dimensioni dal forte accento decorativo che assomigliano a tessuti pregiati (pizzi, tappeti dalle setole lunghe e morbide) ma sono fatte con migliaia di piccole, se non addirittura minuscole, conchiglie ancorate l’una all’altra.

L’artista, che in passato ha creato sculture da indossare e si è servito spesso di piume e scampoli di pelle, ha adottato questo materiale per la bellezza ma anche perché le conchiglie sono state spesso usate come moneta. Insomma, secondo Rowan Mersh sono in grado di evocare il concetto di valore e la sua natura arbitraria.

Ad interessarlo anche l’unicità di ogni guscio, che trova poi il modo di far combaciare ad altre migliaia. Come un complesso puzzle 3d. Il risultato sono composizioni che, perse rigidità e immobilità, si mostrano flessuose e dinamiche. Leggere, persino malleabili.
Tutte queste caratteristiche sono molto più evidenti negli ultimi lavori.

Le nuove opere di Rowan Mersh sono in mostra alla galleria Fumi di Londra (“Praeteritum, Praesens et Futurum”, fino al primo luglio).

“Praeteritum, Praesens et Futurum –  Latino per passato, presente e futuro ", dice lo scultore," è un momento di riflessione sulla mia pratica per andare verso il futuro. Ritengo che sia importante riflettere sulle mie precedenti opere per andare oltre l'ordine logico della progressione in modo creativo.”

Ma se avete voglia di vederle dal vivo e non ve la sentite di spingervi oltremanica non disperate perché tiene spesso esposizioni alla galleria Fumi di Porto Cervo.

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Joana Vasconcelos installa un rosario gigante al santuario di Fatima

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L’ultima scultura di Joana Vasconcelos si intitola “Suspensao” (Sospensione) e rappresenta un rosario gigantesco. Come altre opere dell’artista portoghese ha suscitato polemiche. A qualcuno è piaciuta molto, ad altri no. Nonostante questo chiacchiericcio, che ha animato le pagine della cultura dei giornali portoghesi, d’ora in avanti la monumentale installazione saluterà i fedeli al loro ingresso nel santuario di Fatima.

Il monumento è stato inaugurato all’inizio di maggio in concomitanza con la visita di Papa Francesco.

Le dimensioni di “Suspensao” (Sospensione) sono notevoli: 26 metri d’altezza, 10 di larghezza per 540 chili di peso. I grani di questo rosario, un po’ kitsch e molto attento alla sensibilità di un pubblico particolare, sono 60 come i differenti misteri rivelati dalla Vergine ai pastorelli. 
L’opera, completamente bianca, è stata realizzata in plastica e ha all’interno dei led che illuminano il piazzale di una luce fluorescente. Joana Vasconcelos, ha sottolineato che anche questo particolare è simbolico. 
“Il mio rosario è unico per la sua integrazione nello spazio e perché illumina la notte di una luce fluorescente che è tipica delle immagini della vergine di Fatima- ha detto all’inaugurazione del monumento- Ha a che vedere con la relazione tra il cielo, la terra e la luce”.
Quello che colpisce nell’opera, è la capacità di completare con semplicità e una certa grazia, il paesaggio architettonico in cui la scultura è stata installata. Ma qualcuno con malizia ha notato, invece, la somiglianza con il rosario che un medico (Osmar Salles) aveva messo in Brasile negli anni ‘90 (sempre in concomitanza con la visita di un pontefice). Alle accuse di plagio l’artista ha risposto con una simbolica alzata di spalle: “Ci sono artisti che hanno fatto rappresentazioni di rosari- ha detto a El Pais- Nella recente visita papale in Egitto, hanno montato un rosario di palloncini”.

Joana Vasconcelos è una delle artiste contemporanee più importanti a livello internazionale. Ha raggiunto il successo nel 2005 con il lampadario di tampax “Novia”, presentato alla Biennale di Venezia. Da allora è tornata alla Biennale per rappresentare Portogallo. E’ stata anche la prima artista donna a tenere una mostra personale al Castello di Versailles

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Biennale di Venezia 2017| Il premier dell’Albania Edi Rama espone gli schizzi tracciati durante le riunioni ufficiali a VIVA ARTE VIVA

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Edi Rama, 57. Esposizione Internazionale d’Arte - La Biennale di Venezia, Viva Arte Viva: photo: Francesco Galli; courtesy: La Biennale di Venezia

Edi Rama, 57. Esposizione Internazionale d’Arte - La Biennale di Venezia, Viva Arte Viva: photo: Francesco Galli; courtesy: La Biennale di Venezia

Edi Rama non è un politico con attitudini artistiche. E’ il primo artista di professione che abbia raggiunto i vertici del potere. Perché Edi Rama è il premier albanese. E adesso le sue opere sono anche esposte alla Biennale di Venezia 2017, “VIVA ARTE VIVA”, curata da Christine Macel.

Figlio di uno scultore di regime durante il comunismo, Edi Rama, ha avuto una vita piena di successi: giocatore di basket nella squadra nazionale, pittore, professore di arti visive e poi la carriera politica culminata col ruolo di primo ministro.

Ma questo non è bastato a fargli abbandonare la voglia di dipingere e creare. Così, visto che il tempo era poco, Edi Rama ha cominciato a fare degli schizzi durante le riunioni ufficiali della sua agenda governativa. Mentre incontrava i ministri o tentava di risolvere qualche problema politico, lui disegnava. Prima erano dei veri e propri scarabocchi ma poi hanno cominciato a strutturarsi. Adesso sono coloratissimi, compositivamente equilibrati, hanno forme sinuose e sono rigorosamente tracciati su “materiale d’ufficio”: fogli con l’ordine dei lavori delle riunioni, pagine dell’agenda, carta intestata ministeriale.

“(…) Edi Rama, che da artista è diventato uomo politico di primo piano- scrive Christine Macel nell’introduzione al catalogo della 57esima Esposizione Internazione d’Arte- attualmente primo ministro dell’Albania, la cui attività si colloca oggi negli interstizi non più del suo tempo libero ma di quello dedicato al lavoro, realizzando dei ‘doodles’ nel corso delle riunioni, dei disegni che formeranno poi carte da parati, che riaffermano l’abbandonarsi felice al disegno”.

Alla Biennale di Venezia 2017, Edi Rama, espone una carta da parati composta da riproduzioni di centinaia di schizzi tracciati durante la sua vita politica. Christine Macel ha dato una posizione importate al lavoro dell’artista-premier di Tirana: nel “Padiglione degli artisti e dei libri” della mostra “VIVA ARTE VIVA” (che è composta da 12 famiglie di artisti, o capitoli, che la curatrice ha chiamato appunto padiglioni) ai Giardini. Edi Rama si trova proprio all’inizio del Padiglione Principale in compagnia del laboratorio di Olafur Eliasson, una delle poche super star di questa biennale.

Edi Rama, 57. Esposizione Internazionale d’Arte - La Biennale di Venezia, Viva Arte Viva: photo: Francesco Galli; courtesy: La Biennale di Venezia

Edi Rama, 57. Esposizione Internazionale d’Arte - La Biennale di Venezia, Viva Arte Viva: photo: Francesco Galli; courtesy: La Biennale di Venezia

Edi Rama, 57. Esposizione Internazionale d’Arte - La Biennale di Venezia, Viva Arte Viva: photo: artbooms

Edi Rama, 57. Esposizione Internazionale d’Arte - La Biennale di Venezia, Viva Arte Viva: photo: artbooms

Edi Rama, 57. Esposizione Internazionale d’Arte - La Biennale di Venezia, Viva Arte Viva: photo: Francesco Galli; courtesy: La Biennale di Venezia

Edi Rama, 57. Esposizione Internazionale d’Arte - La Biennale di Venezia, Viva Arte Viva: photo: Francesco Galli; courtesy: La Biennale di Venezia

Edi Rama, 57. Esposizione Internazionale d’Arte - La Biennale di Venezia, Viva Arte Viva: photo: artbooms

Edi Rama, 57. Esposizione Internazionale d’Arte - La Biennale di Venezia, Viva Arte Viva: photo: artbooms

Edi Rama, 57. Esposizione Internazionale d’Arte - La Biennale di Venezia, Viva Arte Viva: photo: Francesco Galli; courtesy: La Biennale di Venezia

Edi Rama, 57. Esposizione Internazionale d’Arte - La Biennale di Venezia, Viva Arte Viva: photo: Francesco Galli; courtesy: La Biennale di Venezia

Ai Weiwei pianta degli enormi alberi di ferro nel parco del Museo di Israele

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ai weiwei: maybe, maybe not; ‘iron tree’ all images © eli posner

ai weiwei: maybe, maybe not; ‘iron tree’
all images © eli posner

L’estate per l’artista ed attivista cinese Ai Weiwei non sarà un periodo di vacanza, in attesa del grande progetto che lo vedrà protagonista in autunno a New York (“Good fences make good neighbours”). Anzi.

Ai Weiwei, infatti, ha appena inaugurato “Maybe, maybe not” (“potrebbe essere, potrebbe non essere“) al Museo di Israele a Gerusalemme. Una grande mostra che mette in fila alcune tra le installazioni monumentali più importanti realizzate negli ultimi anni e le affianca ad opere nuove.

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Si comincia proprio con delle sculture create da Ai Weiwei per la personale. Si chiamano “Iron trees” e sono appunto degli alberi di ferro. Degli enormi alberi di ferro (8 metri d’altezza per un peso di 14 tonnellate). Posizionate nel percorso che conduce al Museo di Israele, le opere, si integrano alla vegetazione circostante (composta prevalentemente da ulivi e arbusti) sia per la forma che per il colore (creato dalla naturale l’ossidazione del metallo).

Gli “Iron trees”, che conducono lo spettatore verso la mostra vera e propria, fanno riferimento a un’altra famosa installazione di Ai Weiwei (“Trees“, 2009; in esposizione una versione del 2010).
Sembrano semplicemente dei grandi tronchi dai rami ricurvi, ma sono in realtà frutto dell’assemblaggio di tanti calchi in ferro (rami, tronchi, radici), ricavati da alberi raccolti nel sud della Cina e venduti nei mercati di Jingdezhen.
“Maybe or maybe not” è proprio una riflessione sulla molteplicità che diventa un unico elemento e sul suo rapporto con l’individuo. Come nella società in cui tante persone vengono percepite come un corpo collettivo ma mantengono una tensione all’unicità.

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In quest’ottica è stata inserita nella mostra del Museo di Israele anche l’installazione che consacrò Ai Weiwei alla fama internazionale: “Sunflower seeds” del 2010. La scultura monumentale, che venne esposta alla Tate Modern, è composta da milioni di semi di girasole in porcellana, fatti a mano e dipinti uno per uno dagli artigiani dello Jingdezhen.
Bisogna aggiungere che, come nel caso dei granchi di fiume (vedi qui), i semi di girasole sono molto apprezzati dai cinesi e questo li accomuna agli abitanti di Israele.

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Altre opere importanti sono esposte al Museo di Israele come: “Soft ground” (tappeto, 2009), “dropping a han dynasty urn” (mosaico in mattoncini lego, 2016)  e “Trees” (parti d’albero riassemblate, 2010). “Maybe or maybe not” di Ai Weiwei è curata da Mira Lapidot, Yulla e Jacques Lipchitz e sarà possibile visitarla fino al 28 ottobre 2017. (via Designboom)

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La prima casa disegnata da Gaudì apre al pubblico dopo 130 anni di Storia

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© Casa Vicens, Barcelona 2017: all images by Pol Viladoms.

© Casa Vicens, Barcelona 2017: all images by Pol Viladoms.

Casa Vicens è stata costruita a Barcellona tra il 1883 e il 1885. Fu il primo progetto dell’architetto catalano Antoni Gaudì, che ai tempi aveva appena 31 anni. Da allora è sempre stata una residenza privata. E’ passata di mano, è stata rimaneggiata ma non ha mai aperto le sue porte al pubblico. Fino ad ora.
Dal prossimo autunno, infatti, Casa Vicens diventerà un museo. Dedicato a Gaudì, naturalmente.

L’edificio venne commissionato all’architetto catalano dal produttore di piastrelle Manuel Vicens i Montaner. Doveva essere una residenza estiva ma venne venduto già nel 1899 alla famiglia Jover che ne è rimasta la proprietaria per oltre un secolo.

Recentemente Casa Vicens è stata acquisita dalla banca indipendente di Andorra, Morabanc, ed è stata sottoposta ad un importante restauro che ha toccato sia l’esterno che gli interni. Le ricche decorazioni, le tele appese alle pareti e i muri stessi sono stati riportati al loro antico splendore. Non è stato possibile, invece, ricreare l’ampio giardino che originariamente cingeva la dimora. Tuttavia si è cercato di riprodurre l’atmosfera dell’area verde originaria.

A occuparsi del restauro sono stati gli architetti José Antonio Martínez Lapeña ed Elías Torres, dello studio Martínez Lapeña-Torres Arquitectes, e David García di Daw Office.

In Casa Vicens, Antoni Gaudì, si cimenta in uno dei primi esempi di architettura Neomudéjar. Adesso l’edificio, già decretato Patrimonio dell’Umanità da UNESCO, entrerà a far parte della Gaudì Route insieme ad altri dodici gioielli architettonici (tra i quali, ovviamente la Sagrada Familia). (via Dezeen, Colossal)

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Il magico mini-film animato di Azuma Makoto nato per spiegare alla figlia la vita dei fiori

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Tempo fa l'artista Azuma Makoto ha cercato di spiegare alla figlia di 5 anni il ciclo di vita delle piante. Ma, ne le parole, ne il disegno, erano adatti a far cogliere completamente il concetto alla bambina.

Così nasce il mini-film d'animazione "Story of flowers" (Storia dei fiori).

Un gioiello di appena 3 minuti e mezzo, diretto da Azuma Makoto, illustrato da Katie Scott e animato da James Paulley.

Il video, poetico senza dimenticare la sintesi, descrive in modo veloce e circolare la vta dei fiori: lo svilupparsi del seme, la fioritura, il ruolo degli insetti nella riproduzione, gli eventi metereologici, lo spargeri dei semi e il ricominciare del ciclo.

L'illustratrice inglese Katie Scott, che già si era cimentata in progetti simili (come il libro "Botanicum") per "Story of flowers" ha, a tratti, abbandonato il suo stile bidimensionale per intervallare la narrazione con immagini profonde e composite. Il risultato è poetico e delicato.

James Paulley ha fatto perfettamente la sua parte. D'altronde aveva già lavorato con la Scott e proprio per preparare una "carta da parati animata" partendo dai disegnii a tema botanico dell'illustratrice inglese.

Azuma Makoto, ben conosciuto per le sue performance ed installazioni in cui riscrive l'antica arte giapponese dell'origami con ironia e gusto cinematografico, in "Story of flowers" si è abbandonato al piacere della narrazione e a una delicatezza che di solito non è proprio la sua cifra distintiva.

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Le strane creature fotografate da Alexander Semenov nelle profondità degli oceani

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Tubastraea faulkneri –corallo Sun Cup

Tubastraea faulkneri –corallo Sun Cup

Il fotografo e biologo marino russo Alexander Semenov è specializzato in scatti subacquei. Ha dieci anni di esperienza, e attualmente è a capo della squadra d’immersione della ‘White Sea Biological Station’ dell’Università Statale di Mosca.

La sua è una posizione ideale, insomma, da cui osservare un mondo ai più sconosciuto. Fatto di creature dai colori incredibilmente vivaci e dalle forme inconsuete, che vivono in fondali profondi dove la luce del sole non arriva e l’oscurità è totale. Un mondo, dove non è raro incappare in qualche forma di vita che non ha ancora un nome, perché nessuno l’aveva mai vista prima.

“La mia chiave di specializzazione è la macrofotografia scientifica in ambienti naturali- spiega sul suo profilo Alexander Semenov- Questa pratica rende possibile osservare animali che non possono essere correttamente studiati in laboratorio, come gli organismi planctonici dal corpo morbido o le forme di vita stanziali che conducono la loro esistenza sul fondale marino. Il mio personale obbiettivo è studiare la vita subacquea attraverso le lenti di una macchina fotografica e aumentare l’interesse della gente nella biologia marina. Lo faccio condividendo le mie scoperte sui social media e nella vita reale attraverso lezioni, film, mostre ed eventi mediatici”.

Viene da se che lo scienziato e fotografo russo abbia collaborazioni importanti, come con Smithsonian Institution, National Geographic, BBC, Nature Magazine, Science Magazine e via di questo passo.

Alexander Semenov scatta fotografie nei fondali di tutto il mondo. Quelle qui pubblicate sono una carrellata di immagini recenti, alcune sono state catturate alle Maldive altre nel Mar Bianco e altre ancora nel nostro Mediterraneo.
Va detto che la maggior parte delle creature immortalate da Semenov non erano mai state descritte in modo così chiaro e dettagliato. Vale quindi la penna di dare uno sguardo al suo account Flickr per vederene altre. (via Colossal)

Godiva quadricolor

Godiva quadricolor

Pegea confoederata

Pegea confoederata

Clavelina moluccensis

Clavelina moluccensis

Alitta virens mentre nuota

Alitta virens mentre nuota

Pegea confoederata

Pegea confoederata

Siphonophore del Mare di Okhotsk

Siphonophore del Mare di Okhotsk

Medusa Non identificata

Medusa Non identificata

Le biblioteche più belle d’Europa negli scatti del fotografo Thibaud Poirier

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Bibliotheque de la Sorbonne, Salle Jacqueline de Romilly, Parigi

Bibliotheque de la Sorbonne, Salle Jacqueline de Romilly, Parigi

Il fotografo parigino Thibaud Poirier è cittadino del mondo. Ha vissuto a Buenos Aires, Houston, Montreal e Tokyo. E lo scorso anno l’ha passato a viaggiare in Europa, per catturare le immagini delle più affascinanti biblioteche del Vecchio Continente.

Il risultato di questo vagabondaggio è la serie di scatti “Libraries” che comprende fotografie di biblioteche storiche e contemporanee. Thibaud Poirier mette l’accento sulla conformazione architettonica degli spazi e sulla solitudine. Le biblioteche, infatti, sono state tutte immortalate mentre erano vuote.

Come impronte digitali, ogni architetto ha modellato la sua visione di un nuovo spazio, per questa sacra auto-esplorazione- scrive Poirier nell’introduzione alla serie- Questi dettagli apparentemente minimi sono dappertutto, dall’equilibrio tra luce naturale e artificiale per ottimizzare la lettura oltre a preservare i testi antichi fino all’uso selettivo di tavoli da studio quando per incoraggiare la comunità quando la riflessione solitaria. La selezione di queste biblioteche che travalica lo spazio, il tempo, lo stile e le culture è stata attentamente scelta per l’ambientazione unica di ognuna e il contributo architettonico”.

Tra le biblioteche che compongono il viaggio nella cultura di ‘Libraries’ anche la Biblioteca Casenatese e la Biblioteca Angelica a Roma oltre a El Ateneo Grand Splendid di Buenos Aires (di cui ho parlato qui, e che costituisce l’unica tappa extra-europea del fotografo parigino.
Per vedere altre serie di immagini firmate da Thibaud Poirier c’è il suo sito internet oltre agli account Béhance e Instagram.

Biblioteca Nationale de France, Sala Lambrouste, Parigi, 1868

Biblioteca Nationale de France, Sala Lambrouste, Parigi, 1868

Stadtbibliothek, Stuttgart, 2011

Stadtbibliothek, Stuttgart, 2011

Biblioteca Joanina, Coimbra, 1728

Biblioteca Joanina, Coimbra, 1728

Palacio National de Mafra, Mafra, 1755

Palacio National de Mafra, Mafra, 1755

Grimm Zentrum Library, Berlino, 2009

Grimm Zentrum Library, Berlino, 2009

Bibliothèque Sainte-Geneviève, Parigi, 1850

Bibliothèque Sainte-Geneviève, Parigi, 1850

Bibliotheque de la Sorbonne, Salle Jacqueline de Romilly, Parigi, 1897

Bibliotheque de la Sorbonne, Salle Jacqueline de Romilly, Parigi, 1897

Trinity College Library, Dublin, 1732

Trinity College Library, Dublin, 1732

Bibliotheque Nationale de France, Salle Ovale, Parigi, 1868

Bibliotheque Nationale de France, Salle Ovale, Parigi, 1868

Biblioteca Angelica, Roma

Biblioteca Angelica, Roma

Biennale di Venezia 2017| Cody Choi trasforma il Padiglione Corea in un motel di Las Vegas

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Venetian Rhapsody” di Cody Choi accoglie i visitatori del Padiglione Corea della Biennale di Venezia 2017 con un gioco di neon multicolore. Che trasformano la facciata dell’edificio in un motel.

Il look architettonico dell’installazione dell’artista asiatico, si ispira agli alberghi a ore di Las Vegas, ma prende simboli a piene mani anche dal patrimonio visivo di Macao. Secondo Cody Choi, infatti, Venezia avrebbe in comune con le altre due grandi città la capacità di indurre una sorta di fascinazione, forte ma irreale. Una malia, frutto del convergere della Storia e di una decisa vocazione commerciale.

“Ho avuto l’opportunità di riflettere sulle implicazioni geo-culturali della città di Venezia- spiega Cody Choi- Per diverse generazioni o più, Venezia è stata un città turistica che ha costruito il suo successo sulla fusione di pittoresco e commercio. E’ stata anche una città che ha seminato sogni grandiosi nell’animo di molti artisti (…). Mi è sembrato che gli artisti e le autorità delle arti che partecipano alla Biennale di Venezia siano influenzate dal suo "potere" e vantino i loro successi. Forse, io non farò eccezione. Così ho cominciato a cercare altre città che condividono con Venezia il potere di far sognare le persone e che sono anche dominate da uno spirito commerciale nella politica e nella cultura. Me ne sono venute in mente due: Las Vegas a ovest e Macao a est.”

L’artista asiatico usa spesso il neon nel suo lavoro e ama appropriarsi di immagini molto conosciute per poi reinventarle. Al centro della sua ricerca la forte occidentalizzazione della Corea e il modo in cui i conflitti culturali influenzino la socializzazione e l’assimilazione di concetti distanti.
C’è da credere che a pesare sulla scelta di creare “Venetian Rhapsody” sia stata anche l’immagine del Padiglione coreano. Architettonicamente troppo vecchio per essere considerato contemporaneo e troppo recente per essere visto come antico o semplicemente d’epoca. Ultimo nato tra gli spazi espositivi dei Giardini il padiglione coreano è stato eretto nel 1995, a un centinaio d’anni di distanza dal corpo espositivo centrale.

Il Padiglione Corea della Biennale di Venezia 2017 è occupato da “Counterbalance the stone & the mountain” curata da Lee Daehyung. Una mostra d’impatto in cui Choi espone insieme a Lee Wan. Oltre a “Venetian Rhapsody” ci sono altre opere di Cody Choi che permetteranno di farsi un’idea sul lavoro di quest’artista anche a chi non lo conoscesse già. (photos from Padiglione Corea)

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Ai Weiwei barrica le finestre del museo Kunsthal Charlottenborg di Copenhagen con 3500 giubbotti di salvataggio dei rifugiati

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Ai Weiwei, "Soleil Levant", 2017. Installation view, Kunsthal Charlottenborg, 2017. Courtesy of the artist. Photo by Anders Sune Berg

Ai Weiwei, "Soleil Levant", 2017. Installation view, Kunsthal Charlottenborg, 2017. Courtesy of the artist. Photo by Anders Sune Berg

L’artista cinese Ai Weiwei torna a parlare di migrazioni con la grande installazione ‘Soleil Levant’, che dal 20 giugno adorna la facciata principale del museo Kunsthal Charlottenborg di Copenhagen.

L’opera è composta da 3500 giubbotti di salvataggio appartenuti ai rifugiati, ergonomicamente piegati e impilati nelle grandi finestre dell’edificio, fino a farne delle barricate impenetrabili.

Inutile sottolineare che gli indumenti sono sempre quelli recuperati da Ai Weiwei e dal figlio nel campo profughi dell’Isola di Lesbo e già utilizzati dall’artista per l’installazione alla Konzerthaus di Berlino (ne ho parlato qui), mentre per ‘Reframe’ a Palazzo Strozzi in occasione della mostra ‘Ai Weiwei. Libero’ aveva usato dei gommoni (ne ho parlato qui).
‘Soleil Levant’, invece, si discosta completamente dalla grande mostra ‘Maybe, Maybe not’, che l’artista ha in corso all’ Israel Museum di Gerusalemme, e dove, abbandonato il tema delle migrazioni, Mr. Ai è tornato a riflettere sulla sua patria (qui).

“L’installazione prende il nome dal dipinto impressionista di Claude Monet, Soleil Levant del 1872- spiegano alla Kunsthal Charlottenborg- che descrive il porto di Le Havre alla fine della guerra Franco-Prussiana del 1870-71. Mentre la pittura paesistica di Monet cattura la realtà politica e sociale del suo tempo con le sue gru, i vaporetti e l'industrializzazione, Soleil Levant di Ai Weiwei richiama l'attenzione sulla realtà politica e sociale di oggi attraverso i giubbotti di salvataggio dei rifugiati.”

La scultura monumentale è stata realizzata in occasione della ‘Giornata Mondiale delle Nazioni Unite per i Rifugiati’ (20 giugno) e rimarrà sulla facciata della Kunsthal Charlottenborg fino all'1 ottobre 2017.

L’installazione ‘Soleil Levant’ di Ai Weiwei è curato da Luise Faurschou del progetto per l’arte contemporanea sostenibile ART 2030 e Michael Thouber del museo Kunsthal Charlottenborg.

Ai Weiwei, "Soleil Levant", 2017. Installation view, Kunsthal Charlottenborg, 2017. Courtesy of the artist. Photo by Anders Sune Berg

Ai Weiwei, "Soleil Levant", 2017. Installation view, Kunsthal Charlottenborg, 2017. Courtesy of the artist. Photo by Anders Sune Berg

Ai Weiwei, "Soleil Levant", 2017. Installation view, Kunsthal Charlottenborg, 2017. Courtesy of the artist. Photo by Anders Sune Berg

Ai Weiwei, "Soleil Levant", 2017. Installation view, Kunsthal Charlottenborg, 2017. Courtesy of the artist. Photo by Anders Sune Berg

Ai Weiwei, "Soleil Levant", 2017. Installation view, Kunsthal Charlottenborg, 2017. Courtesy of the artist. Photo by Anders Sune Berg

Ai Weiwei, "Soleil Levant", 2017. Installation view, Kunsthal Charlottenborg, 2017. Courtesy of the artist. Photo by Anders Sune Berg

Ai Weiwei, "Soleil Levant", 2017. Installation view, Kunsthal Charlottenborg, 2017. Courtesy of the artist. Photo by Anders Sune Berg

Ai Weiwei, "Soleil Levant", 2017. Installation view, Kunsthal Charlottenborg, 2017. Courtesy of the artist. Photo by Anders Sune Berg

Ai Weiwei, "Soleil Levant", 2017. Installation view, Kunsthal Charlottenborg, 2017. Courtesy of the artist. Photo by David Stjernholm.

Ai Weiwei, "Soleil Levant", 2017. Installation view, Kunsthal Charlottenborg, 2017. Courtesy of the artist. Photo by David Stjernholm.

Ai Weiwei, "Soleil Levant", 2017. Installation view, Kunsthal Charlottenborg, 2017. Courtesy of the artist. Photo by David Stjernholm

Ai Weiwei, "Soleil Levant", 2017. Installation view, Kunsthal Charlottenborg, 2017. Courtesy of the artist. Photo by David Stjernholm

Ai Weiwei, "Soleil Levant", 2017. Installation view, Kunsthal Charlottenborg, 2017. Courtesy of the artist. Photo by David Stjernholm

Ai Weiwei, "Soleil Levant", 2017. Installation view, Kunsthal Charlottenborg, 2017. Courtesy of the artist. Photo by David Stjernholm

Ai Weiwei, "Soleil Levant", 2017. Installation view, Kunsthal Charlottenborg, 2017. Courtesy of the artist. Photo by Anders Sune Berg

Ai Weiwei, "Soleil Levant", 2017. Installation view, Kunsthal Charlottenborg, 2017. Courtesy of the artist. Photo by Anders Sune Berg

Ai Weiwei, "Soleil Levant", 2017. Installation view, Kunsthal Charlottenborg, 2017. Courtesy of the artist. Photo by David Stjernholm

Ai Weiwei, "Soleil Levant", 2017. Installation view, Kunsthal Charlottenborg, 2017. Courtesy of the artist. Photo by David Stjernholm

Sembra un modello architettonico e invece è un vassoio di design con tazze e brocca. By Stelios Mousarris

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Si chima “Kanata” e sembra proprio il modello architettonico di un parco o di una piazza, con tanto di alberi e palazzi, invece è l’ultima creazione del talentuoso designer cipriota Stelios Mousarris (ne ho già parlato qui) e ha un uso ben più prosaico.
Si tratta, infatti, di un vassoio con 4 tazze e un contenitore per liquidi.

La parte del leone la fa il vassoio, con tanto di declivi e scalinate, su cui crescono dei minuscoli, ma particolareggiatissimi, alberi. Le tazze possono essere riposte impilandole l’una sull’altra e poi sulla bottiglia, fino a comporre un piccolo grattacielo. Ma anche quando tutto il set è disposto, l’aspetto è quello di un insieme di palazzi in un’area periferica.
“Kanata” è stato realizzato interamente con la stampa 3D e rifinito con dettagli in marmo. Il materiale di cui è composto è in grado di reggere temperature molto alte e molto basse rendendo il set molto versatile (adatto sia ad un aperitivo ghiacciato che ad una tazza di caffè bollente).

Stelios Mousarris è giovane, ha fatto il “modelmaker” e l’assistente designer per il colosso britannico Fosters and Partners, ma nel 2014 ha deciso di tornare a Cipro e mettersi in proprio.

La sua ditta produce pezzi di alta qualità, spesso unici. Quasi sempre mobili, in cui Mousarris riversa creatività e divertita fantasia. Ovviamente per seguire il suo lavoro si può ricorrere anche all’account Facebook. (Faith is Torment)

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Thomas Blanchard che mixa colore, olio e sapone per creare un video in bilico tra le foto della Nasa e l'Astrattismo

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Il video 'Galaxy gates' diretto da Thomas Blanchard (di cui ho già parlato qui) sembra un'infilata di opere astratte in movimento. Come se i capolavori di un museo si fossero animati e danzassero a suon di musica.

Invece "Galaxy gates" è un mini-film sperimentale creato mixando pigmenti, sapone liquido ed olio.

Per realizzare questo video Thomas Blanchard ha lavorato in collaborazione al fotografo francese Oilhack. E non poco. Infatti, il cortometraggio ha richiesto 4 mesi di riprese, che sono stati concentrati in 2 minuti appena. La selezione del girato è stata rigidissima: solo il 2% è visibile.

Ma non solo, perchè 'Galaxy gates" ha richiesto anche un viaggio in Giappone al team, per studiare il metodoper "dividere i colori" precedentemente mescolati.

Thomas Balanchard e Oilhack sono ormai un'equipe consolidata. Per vedere altre loro creazioni c'è il sito We are Color. (via Colossal)

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‘Short Story Dispenser’ il distributore automatico di racconti che piace ai francesi

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Il primo ‘Short Story Dispenser’ è stato installato l’anno scorso all’aeroporto Charles de Gaulle di Parigi. Adesso ce ne sono in tutta la Francia, e non solo. D’altra parte vista la creatività dimostrata dalla ‘Short Edition’, a cui è venuta l’idea di creare questo non convenzionale distributore automatico, c’era da aspettarselo.

‘Short Story Dispenser’, infatti, è una macchinetta di quelle che in cambio di una moneta erogano un caffè, una bibita o un panino da mangiare al volo. E proprio così funziona. L’unica differenza sta’ nell’oggetto messo in vendita. Nel caso di questo dispenser le persone comprano brevi racconti per ammazzare il tempo mentre aspettano il treno, l’aereo o un posto al ristorante.

L’unica cosa da fare è premere uno dei tre pulsanti che campeggiano sul dispenser e selezionare per quanto tempo si desidera essere intrattenuti: 1 minuto, 2 minuti o 3 minuti. A questo punto la macchina stampa un racconto breve scelto a caso, che da lontano può sembrare uno scontrino fiscale.

L’iniziativa commerciale della ‘Short Edition’ ha un che di vintage, ma non bisogna farsi ingannare, perché la società ha un sito internet molto strutturato, che le serve tra l’altro per selezionare gli autori e avere il polso dei gusti del pubblico.

Per un elenco delle locations delle ‘Short Story Dispenser’ si può consultare il sito dedicato a questo creativo distributore. (via Mymodernmet)

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Kito Fujio ha fotografato scivoli e giostre che sembrano usciti da una fiaba nera ma sono l’attrezzatura dei campi gioco giapponesi

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Kito Fujio ha abbandonato il suo lavoro d’ufficio nel 2005 per diventare un fotografo freelance. Da allora e per i 12 anni seguenti si è spesso occupato di edifici che dispongono di spazi d’intrattenimento per i più piccoli. Ma l’idea di creare la serie ‘Playground Equipment’ risale solo all’ultimo periodo, quando l’interesse di Kito Fujio si è concentrato sull’arredo modellato in cemento dei parchi gioco per bambini.

Ci sono pesci giganti e cavallette dalle lunghe antenne, teste di diavolo e corolle di tulipano ma anche robot ed elettrodomestici. Sembrano delle scenografie uscite da una fiaba nera o da un horror di serie B. Anche perché Fujio fotografa scivoli, giostre e quant’altro solo di notte, illuminando i giochi prima dall’interno e poi dall’esterno. L’effetto che ne esce è di mistero ed inquieta attesa.

Questi giochi per bambini modellati in cemento, in barba alla sicurezza sono installati un po’ in tutto il Giappone. D’altra parte sono quasi sempre oggetti vintage, molto amati in passato per la durata pressochè eterna e la scarsa manutenzione che richiedono.
Senza contare che l’uso del cemento per realizzare sculture in spazi pubblici ad uso dei più piccoli, in passato ha avuto i suoi sostenitori.

Il famoso scultore, architetto e designer Isamu Noguchi (che già nel 1933 creò arredi urbani per bambini) lo ha usato spesso. Ad esempio per una scultura-gioco donata alla città di Spoleto nel 1968 (‘Octetra’).

‘Playground Equipment’ è parte del libro fotografico di Kito Fujio in vendita sul suo sito internet. (via Colossal, Spoon&tamago)
 

ATTENZIONE: Non sono riuscita a verificare la correttezza delle informazioni sulla biografia dell’artista e sull’uso del cemento nei parchi gioco giapponesi ma propongo ugualmente questo articolo per la serietà delle due testate online da cui ho tratto le informazioni.

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A Taiwan hanno trasformato la metropolitana in un campo sportivo in occasione delle Universiadi

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Photo by @didiforu

Photo by @didiforu

Le Universiadi, sono la manifestazione sportiva più importante dopo le Olimpiadi e quest’anno si svolgeranno a Taipei. Per celebrare questo evento storico per la capitale di Taiwan, la città, ha trasformato il design dei vagoni della metropolitana, in modo da renderli simili in tutto e per tutto a dei campi sportivi.

La società che ha gestito il progetto (Easycard corporation) ha focalizzato la trasformazione sulla pavimentazione della metropolitana, aggiungendo poi qualche particolare qua e là. Il risultato è allegro e stravagante, ci sono vagoni che sembrano campi da calcio, da basket, altri sono diventati piste per la corsa.

Ma il rifacimento più riuscito è si sicuro la piscina.

Le Universiadi di Taipei cominceranno il 19 agosto e si concluderanno con la fine del mese. Coinvolgeranno atleti provenienti dalle università specializzati in 22 discipline diverse. Le gare si terranno in 70 sedi.

Si possono vedere altre fotografie della metro di Taipei dopo la trasformazione su Instagram. (via Design you Trust, Colossal, Designboom)

Foto di chiuwei_bow

Foto di chiuwei_bow

Foto di @alexwuzizi

Foto di @alexwuzizi

Foto di @uu.yi

Foto di @uu.yi

Foto by Governo città di Taipei Dipartimento di Informazione e Turismo

Foto by Governo città di Taipei Dipartimento di Informazione e Turismo

Foto by Governo città di Taipei Dipartimento di Informazione e Turismo

Foto by Governo città di Taipei Dipartimento di Informazione e Turismo

Foto di @chi._.851229

Foto di @chi._.851229

Foto di @chendao

Foto di @chendao

Il Metropolitan Art Museum regala oltre 1300 libri d'arte. Da scaricare o leggere online Gratis

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"Masterpieces of European Painting, 1800-1920, in the Metropolitan Museum of Art". Edouard Manet, "In barca ad Argenteuil", 1874

"Masterpieces of European Painting, 1800-1920, in the Metropolitan Museum of Art". Edouard Manet, "In barca ad Argenteuil", 1874

Il Metropolitan Art Museum (Met) di New York ha recentemente reso disponibili online oltre 1300 pubblicazioni ad accesso gratuito. Cioè da leggere sul pc o scaricare gratuitamente.

Ci sono dei giornali ma anche moltissimi cataloghi completi che toccano gli argomenti più vari (dai tessuti africani, a Caravaggio, passando per la conservazione delle opere d’arte e la storia della pittura cinese). Tutti i libri sono fuori stampa, ma gran parte delle pubblicazioni è recente o comunque non datata nell’aspetto e nelle informazioni riportate. Si tratta, insomma, di un servizio che faciliterà la vita degli amanti dell’arte permettendogli di scegliere liberamente tra centinaia di testi. Inutile sottolineare che i libri sono corredati da moltissime immagini ma completamente in inglese.

Per poter scegliere cosa leggere è necessario accedere alla libreria del Met e cliccare su “Books with Full Text Online” (nel menù di sinistra). A questo punto basterà selezionare il formato desiderato (“Read Online” o “Download pdf”) nello spazio dedicato alla ricerca (sempre a sinistra) per avere una panoramica completa dei libri disponibili.

Le schede di ogni catalogo sono ricche di informazioni aggiuntive. In particolare alla voce “Related Titles” è possibile avere altri titoli dello stesso autore o della medesima categoria, ma è interessante soprattutto la voce “Additional resources” dove ci sono delle immagini correlate che il più delle volte si possono scaricare in alta definizione.

Con questa iniziativa il Met continua il lavoro di massiccia liberalizzazione del proprio patrimonio digitalizzato. Un opera importante nella direzione di una cultura accessibile a tutti, culminato quando rese disponibili per ogni uso ben 375mila immagini della sua collezione. Il Metropolitan Art Museum però non è il primo museo americano a permettere di scaricare gratuitamente libri d’arte, pochi mesi fa il Guggenheim aveva fatto lo stesso. (via Mymodernmet, immagini via Met)

"Masterpieces of The Metropolitan Museum of Art". "Cipressi", Vincent van Gogh, 1889

"Masterpieces of The Metropolitan Museum of Art". "Cipressi", Vincent van Gogh, 1889

"Art, Biology, and Conservation: Biodetermination of Works of Art"; Luis Comfort Tiffany, "Design for Autumn Landscape window", 1923

"Art, Biology, and Conservation: Biodetermination of Works of Art"; Luis Comfort Tiffany, "Design for Autumn Landscape window", 1923

"American Impressionism and Realism: The Painting of Modern Life, 1885-1915". William Merrit Chase, "At the Seaside", 1892

"American Impressionism and Realism: The Painting of Modern Life, 1885-1915". William Merrit Chase, "At the Seaside", 1892

"Masterpieces of The Metropolitan Museum of Art". Herman Rossberg,  Abbigliamento per matrimonio, 1887

"Masterpieces of The Metropolitan Museum of Art". Herman Rossberg,  Abbigliamento per matrimonio, 1887

."Words and images: Chinese poetry, Calligraphy, and Paiting". Qian Xuan, "Wang Xizhi che osserva le oche", 1295 circa

."Words and images: Chinese poetry, Calligraphy, and Paiting". Qian Xuan, "Wang Xizhi che osserva le oche", 1295 circa

"Medieval Art A Resource for Educators". Fratelli Limbourg, "The belles heures of Jean de france, Duc de Berry", 1405-09 circa

"Medieval Art A Resource for Educators". Fratelli Limbourg, "The belles heures of Jean de france, Duc de Berry", 1405-09 circa

"Eugene Cuvelier: Photographer in the Circle of Corot", Eugene Cuvelier, "Foresta di Fontainbleu", 1860

"Eugene Cuvelier: Photographer in the Circle of Corot", Eugene Cuvelier, "Foresta di Fontainbleu", 1860

Kassel: Marta Minujin costruisce una copia a grandezza naturale del Partenone con 100mila libri censurati dai regimi del mondo

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Marta Minujin, The Panthenon of books, Documenta 14, Kassel 2017, image © Roman Maerz

Marta Minujin, The Panthenon of books, Documenta 14, Kassel 2017, image © Roman Maerz

Nella cittadina tedesca di Kassel l’artista concettuale argentina Marta Minujin, in occasione di Documenta 14, ha creato un’installazione di grande impatto. Un colossale monumento al sapere ed alla democrazia. “The Parthenon of Brooks” (il Partenone di libri), infatti, è una copia del Partenone a grandezza naturale fatta interamente di libri censurati in tutto il mondo.

La scultura di Marta Minujin è composta da libri donati dal pubblico, avvolti in un sacchetto di plastica trasparente, e ancorati ad uno scheletro metallico. L’opera è una riedizione, in scala monumentale, di un’installazione che la Minujin presentò nell’83 a Buenos Aires, dopo il ritorno della democrazia in Argentina. Ma se allora l’artista si limitò ad usare un numero molto minore di libri e si concentrò sulla politica interna, oggi eregge un mastodontico monumento (effimero) alla libertà d’espressione in tutto il mondo, a prescindere dal colore politico di chi ha negato quella libertà fondamentale.

Come già detto, ogni libro usato è stato messo al bando. A preparare una lista della letteratura sgradita a un regime o l’altro, hanno pensato gli studenti dell’Università di Kassel, che alla fine del lavoro hanno messo insieme un libercolo riempito con oltre 70mila titoli.
Una lista, che chiunque può scaricare e che i visitatori potranno portare via con se nella versione stampata.
In questo senso “The Parthenon of Brooks” ripropone il tema della partecipazione del pubblico e dell’opera corale; i libri che compongono la scultura sono stati donati, i visitatori in cambio possono portare con se una pubblicazione con l’elenco dei libri censurati. Ma non solo, perché è tutt’ora possibile cedere i propri “libri proibiti” e appenderli personalmente al Partenone ideato dall’artista tedesca.

“The Parthenon of Brooks” di Marta Minujin è stato eretto sulla Fiedrichsplatz di Kassel, dove, nel 1933, i nazisti bruciarono migliaia di testi cosiderati “degenerati”.

La manifestazione quadriennale d’arte contemporanea Documenta 14, quest’anno si svolge nella sua sede di sempre (Kassel) e ad Atene (dove la Minujin espone altre opere all'EMST National Museum of Contemporary Art). Con “The Parthenon of Brooks”, ovviamente, Marta Minujin intende creare anche un ponte ideale tra le due sedi e rivolgere un pensiero alla Grecia, culla della cultura europea, maltrattata dall’Europa stessa. (via Designboom)

Marta Minujin, The Panthenon of books, Documenta 14, Kassel 2017, image © Roman Maerz

Marta Minujin, The Panthenon of books, Documenta 14, Kassel 2017, image © Roman Maerz

Marta Minujin, The Panthenon of books, Documenta 14, Kassel 2017, particolare, image © Maxie Fischer

Marta Minujin, The Panthenon of books, Documenta 14, Kassel 2017, particolare, image © Maxie Fischer

Marta Minujin, The Panthenon of books, Documenta 14, Kassel 2017, image © Roman Maerz

Marta Minujin, The Panthenon of books, Documenta 14, Kassel 2017, image © Roman Maerz

Marta Minujin, The Panthenon of books, Documenta 14, Kassel 2017, image © Roman Maerz

Marta Minujin, The Panthenon of books, Documenta 14, Kassel 2017, image © Roman Maerz

Marta Minujin, The Panthenon of books, Documenta 14, Kassel 2017, image © Mathias Völzke

Marta Minujin, The Panthenon of books, Documenta 14, Kassel 2017, image © Mathias Völzke

Marta Minujin, The Panthenon of books, Documenta 14, Kassel 2017, image © Maxie Fischer

Marta Minujin, The Panthenon of books, Documenta 14, Kassel 2017, image © Maxie Fischer

Marta Minujin, The Panthenon of books, Documenta 14, Kassel 2017, lista dei libri al bando in versione stampata, image © Maxie Fischer

Marta Minujin, The Panthenon of books, Documenta 14, Kassel 2017, lista dei libri al bando in versione stampata, image © Maxie Fischer

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